sabato 18 febbraio 2012

Biomasse, Biogas, Biofurbi

La denuncia del candidato a sindaco di Parma Roberto Ghiretti, a proposito del proliferare di richieste per l'installazione di impianti a biogas e biomasse nella nostra provincia, è corretta.
La posizione di Rete Ambiente Parma è chiara e nettamente in contrasto a tutte le centrali a biomasse che inceneriscono.
Siamo contro quelle di grossa taglia, come quelle che si vogliono installare a Trecasali, a San Secondo e a Paradigna, perché bruciare cippato di legna, sorgo erbaceo o scarti di macellazioni
animali è gravemente inquinante e serve solo agli speculatori per accaparrarsi gli incentivi prodotti dalla poca energia elettrica prodotta.



Ma siamo contro anche alle piccole centrali a cippato, che la Provincia vuole installare in montagna, perché inquinanti, antieconomiche ed inutili per la gente e la loro economia disastrata.
Per le centrali a biogas è davvero grave che ci sia la possibilità che il digestato, sia che esso sia derivato da insilato di mais, col pericolo che contenga clostridi, o derivato da deiezioni animali ad elevato contenuto di ammoniaca, sia soggetto a spandimento in quantità industriali nei campi, con effetti pregiudizievoli per i coltivi e la DOP del Parmigiano Reggiano.
La denuncia di Ghiretti è stata già preceduta a livello regionale dall'interrogazione di Giovanni Favia, del Movimento 5 Stelle, proprio in relazione agli effetti nocivi del digestato da insilato di mais, derivante da un progetto in gestazione in provincia di Modena.
La sua interrogazione ricordava che proprio la Regione esclude la localizzazione di impianti a biogas nelle zone di produzione del Parmigiano Reggiano.
Tale divieto ha origine dallo sviluppo di clostridi nel processo di insilamento.
Il foraggio nelle zone agricole dove sono ubicate le centrali a biogas, attraverso lo spandimento sul terreno del digestato prodotto, subisce la contaminazione delle spore di clostridi, batteri anaerobici che generano spore presenti e persistenti sul terreno, dannosi per gli animali.
I biodigestori anaerobici producono gas naturale che viene bruciato quale forza motrice per produrre elettricità, che risulta davvero poca cosa, ma non pochi sono gli incentivi statali raccolti.
Questi impianti, in concreto, servono solo a rastrellare incentivi, con coltivazioni dedicate che rubano terreni all'alimentazione.
Sono ecomostri, contro i quali opporsi strenuamente.
Tali non sono invece quelli che vengono alimentati con le deiezioni animali, a patto che non siano troppo grandi ed invasivi per il territorio come quello comprensoriale che voleva impiantare il comune di Montechiarugolo, Parma.
Era un impianto sotto il Mw, ma avrebbe digestato ben 350 tonnellate di materiali al giorno per 365 giorni, cioè circa 100.000 tonnellate annue, raccogliendo deiezioni animali tra la città e Neviano Arduini.
Per gli impianti a misura di azienda invece crediamo che ogni allevamento dovrebbe averne uno, soprattutto per impedire che i nitrati di tutti quei liquami finiscano in falda, inquinandola.
Gli incentivi che l'azienda ricaverebbe dalla produzione di gas e quindi di energia elettrica sarebbero il giusto compenso per aver reso l'allevamento sostenibile per l'ambiente.
Questo vale per l'enorme quantità di allevamenti della val Padana e ancor più per quelli della nostra Food Valley, che inquinano non solo la falda acquifera ma anche gli stessi terreni da cui ricavare tutti quei pregiati coltivi.
La strada virtuosa esiste, ma bisogna percorrerla senza cercare scorciatoia, che nascondo mille trucchi e mille eco furbi.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
18 febbraio 2012

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